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#PERSONENUOVE

PROGETTO P.I.A.

Da una giusta intuizione a un percorso di reinserimento

Scopri le videolezioni del progetto P.I.A.

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Nessuno può sfuggire alla crudeltà di certe notizie di cronaca italiana: femminicidi, violenze dalle motivazioni gratuite e dalle modalità feroci. Notizie lette in metropolitana o apprese all’ora di cena dalla televisione, con le foto delle vittime, la facce camuffate dei colpevoli, il coro dei vicini – “Erano persone normali”, “dei bravi ragazzi”. E il verdetto già scritto dall’Opinione Pubblica: “In carcere tutta la vita. E buttiamo la chiave!

Siamo d’accordo anche noi: “E buttiamo davvero quella chiave!”, perchè per saldare il proprio debito con la società molto spesso non serve il carcere.

L’accompagnamento dei detenuti, in un contesto di recupero e rieducazione, è infatti l’unico modo per favorire la riduzione della recidiva. Molti studi certificano che l’80% dei detenuti abbandonati a se stessi, una volta usciti dal carcere torna a delinquere, mentre la probabilità crolla invece al 17-20% per quelli inseriti in un percorso di esecuzione penale esterna o accompagnati durante la detenzione.

E allora, è proprio il caso di buttare quella chiave che ritmicamente segna la distanza tra luogo di detenzione per eccellenza – il carcere – e la società civile. Sempre più spesso, infatti, per determinati reati il condannato può espiare la propria pena ai domiciliari, oppure in affidamento in prova ai servizi sociali. Sono le cosiddette Misure alternative, una modalità di esecuzione della pena che non separa il condannato dal mondo reale, dove poi, una volta terminata la fase giudiziaria dovrà ritornare. Una sfida non solo per il condannato, ma anche per il sistema penale e per tutte quelle figure – magistrati, assistenti sociali, psicologi e volontari – che devono seguire il percorso di riabilitazione sociale.

Una “sana follia” che noi di Sesta Opera San Fedele, associazione di volontariato carcerario attivo da 95 anni, abbracciamo con coraggio e dedizione, cercando di recuperare pazientemente l’umanità della persona, aiutandola a lavorare su ciò che di sano ancora ha, nonostante l’errore. Accompagniamo i condannati durante il periodo “ai domiciliari“, inserendoli in contesti familiari spesso difficili; insegniamo loro le tecniche di mediazione dei conflitti tra di loro – progetto pilota unico in Italia -; ci attiviamo per rendere possibile un nuovo avviamento lavorativo, perno indispensabile per impostare una nuova vita.

Il nostro supporto, sempre in coordinamento con gli Uffici penali, non è una pia illusione ma si basa su storie vere di successo di chi, una volta terminata la fase giudiziaria, ha ricominciato una nuova esistenza, abbandonando i comportamenti a rischio e ringraziandoci di aver deciso di…buttare la chiave!

AIUTACI PERCHE’ QUESTO DIFFICILE PERCORSO NON SI PERDA:

–          NELLE DIFFICOLTA’ BUROCRATICHEperché il personale degli Uffici di esecuzione penale esterna è sottodimensionato.

–          NEI MEANDRI DEL CUORE DELLE PERSONE: la vera prigione è chiudere il proprio orizzonte esistenziale senza darsi e dare nuove prospettive.

–          NELLA BANALITA’ DI UNA BATTUTA – “BUTTIAMO LA CHIAVE!”- CHE SE APPLICATA ALLA LETTERA FAREBBE MALE A TUTTA LA SOCIETA’, come i dati purtroppo dimostrano…

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#oltrelesbarre #personenuove #ricominciareliberi